Intervista a Pamela

Ciao, ti va di presentarti?

Mi chiamo Pamela Mele. Ho 48 anni, faccio la logopedista e scrivo romanzi per passione. Vivo a Roma con la mia famiglia: mio marito e i miei due figli.

A che età hai iniziato ad avere i primi disturbi alimentari?

Ho cominciato ad avere problemi di anoressia intorno ai venti anni durante il periodo dell’università. Sono stata curata solo da un punto di vista fisico, in effetti tempo fa non c’era ancor meno informazione e i miei genitori si trovarono impreparati. Compresi fin da subito che qualcosa continuava a non andare. Sebbene avessi ripreso peso non mi sentivo bene con il mio corpo e un senso di inadeguatezza mi accompagnava ormai sempre. Compiacevo per piacere ed ero ipercritica nei confronti di me stessa pretendendo il massimo e colpevolizzandomi per mancanze scontate. Più tardi dopo essere divenuta madre di famiglia il disturbo è tornato più ostile di prima. Ho preso coscienza della gravità della situazione solamente quando ho accusato dei sintomi importanti. Ho cominciato allora un lungo percorso di psicoterapia accompagnato da consulenze psichiatriche e sostenuto da medici gastroenterologi e nutrizionisti.

Che sensazione ti dava e ti dà il cibo?

Riuscire a star lontana dal cibo mi dava un senso di onnipotenza. Avevo la sensazione di avere il controllo su tutto come lo avevo sulla capacità di resistere alla fame.

L’ascesa verso il disturbo è stata rapida?

Il disturbo mi ha fagocitato velocemente con i meccanismi subdoli e perversi che lo contraddistinguono.

Come ti è scattato questo meccanismo?

Non so dire cos’è che scatti. So solo che si instaura un meccanismo basato sul senso di colpa e frustrazione dal quale è difficile sottrarsi. Il cibo diventa un nemico e l’identità si riduce a un numero a due cifre sulla bilancia. Non conta più nulla. Sopravvive solo la ferrea volontà di astenersi dal cibo.

Che tipo di rapporto hai con la tua famiglia?

Ho sempre avuto un buon rapporto con la mia famiglia. Sicuramente ci sono delle dinamiche intrinseche che possono aver influito ma non innescato il disturbo. Questo l’ho capito dopo gli anni di terapia.

L’anoressia si lega spesso alla bulimia, che esperienza hai a riguardo?

Io ho sofferto di anoressia nervosa restrittiva con spunti di depressione. Non ho mai sconfinato nella bulimia anche se spesso un disturbo include l’altro.

Abbiamo parlato del modo in cui le persone che soffrono di anoressia piuttosto che di bing-eating si guardano a vicenda: cosa puoi dirmi a riguardo?

Penso che tutti i disturbi alimentari quali bing-eating, anoressia, bulimia, ortoressia abbiamo un denominatore comune da ricercare in quel senso di inadeguatezza e quel desiderio di perfezione e smania di controllo che caratterizza tutti i pazienti. La radice del problema è la medesima anche se si manifesta da persona a persona con disturbi diversi e più peculiari.

In che modo hai cercato di guarire? Che tipo di cure hai ricevuto e come stai affrontando la vita ora?

Ho fatto anni di psicoterapia. Mi sono affidata ad esperti nel settore ma soprattutto ho scelto di guarire.

Se dovessi dare un consiglio a qualche persona malata di disturbi alimentari, quale daresti?

Occorre chiedere aiuto ed essere disposti a farsi aiutare. Il disturbo alimentare è una patologia importante non una sorta di capriccio come molti pensano. È una malattia che ha la fortuna di poter essere affrontata e sconfitta. A volte la strada è lunga, altre meno, senz’altro dolorosa, ma identificare e accogliere la propria debolezza consente di trovare la forza. Ognuno si caratterizza per le proprie fragilità e non per la perfezione che invece detta omologazione. Solo nella profonda accettazione di chi siamo, con i nostri difetti, brutture e fallibilità, quel senso di inadeguatezza può essere ricacciato.

Quanto di quello che abbiamo sempre creduto riguardo i disturbi alimentari è vero? Quanto falso?

È vero che è una malattia, è falso che non se ne esce.

È vero che si può curare, è falso che si può far da sé. Proprio in quanto tale, infatti, occorrono specialisti in grado di fornire spiegazioni, sostenere e creare un percorso di riabilitazione che contempli anche la famiglia.

È falso che è una malattia che colpisce il fisico. È vero che è un disturbo che interviene sull’asse corpo-psiche per cui il corpo diventa teatro di battaglie interne e ciò che gli altri osservano esternamente è solo la punta dell’iceberg di disagi emotivi profondi.

Ti capita mai di ricevere mail, contatti da altre ragazze che soffrono di disturbi alimentari? Come ti comporti in questi casi?

Sì mi capita di ricevere messaggi di ragazze che mi raccontano di loro o mi chiedano consigli.

Cerco di invitarle a chiedere aiuto e credere fortemente nella possibilità di guarire guardando all’immenso potenziale insito in ognuno di noi. Le invito a guardare alla bellezza della propria anima che non riescono più a riconoscere invischiate nel disturbo ma che pure continua ad esistere e tutti gli altri possono apprezzare.

Guarire è veramente possibile?

Guarire è assolutamente possibile.