Il trasloco della bulimia

La donna con la valigia

Ciao a tutti é stato un pò lungo il periodo della mia assenza, ma ero impegnata a vivere e a costruire la versione migliore di me stessa. Siamo a gennaio, mese dei buoni presupposti e delle nuove azioni che iniziano, ma che quasi sempre restano ferme li. Come vi ho anticipato in un post i miei prossimi articoli non saranno più incentrati su spiegare cosa sono i DCA, ma a farvi conoscere cosa mi ha fatto rinascere e prendere il volo, e fatto in modo che nel mio cuore prima, nei fatti poi nascesse il mio progetto “IL PARTO DELLA FARFALLA”, da poco tatuato sulla caviglia destra.

Il titolo non é a caso, mi é stato gentilmente donato da una persona cara, Debora, che vedendomi spesso in giro per l’Italia, mi ha attribuito questo nome, che oltretutto adoro, amo viaggiare ma sopratutto farlo per diffondere il mio progetto, nel quale credo molto, é la mia missione, il mio senso di scopo, il modo per soddisfare il mio bisogno di contributo.

Ma si guarisce dalla bulimia?

All’interno dei messaggi che ricevo, la domanda fondamentale che mi viene posta è sempre la stessa: “come hai fatto a guarire dalla bulimia?”.
Chi mi segue ormai ha capito come la penso, per me la parola guarigione ha molteplici aspetti: la bulimia é una dipendenza socialmente accettabile, costituisce la malattia/sfogo che viene utilizzato come mezzo per affrontare quei problemi, disagi, difficoltà che la persona non riesce a risolvere diversamente e, soprattutto, con serenità.
Credo che sia decisamente inutile cercare d’interrompere il circolo vizioso senza tentare, allo stesso tempo, di compiere un lavoro su se stessi per provare a vivere secondo quello che suggerisce il proprio cuore, acquisire gli strumenti giusti da usare nello spazio vuoto che c’è tra il prima e il dopo l’abbuffata, quello spazio io l’ho riempito con la “consapevolezza”.
Solamente in seguito ad una forte motivazione personale, allo scoccare del click, nel voler riprendere in mano la propria vita, ritrovare la propria anima, non essere più lo spettatore impassibile delle propria vita ma il giocatore, si può arrivare ad intraprendere un percorso di crescita personale: questo cambiamento positivo inoltre non può avvenire dall’oggi al domani e può essere originato da miriadi di tasselli che, pian piano, incastrandosi correttamente, permettono alla persona di trovare un proprio equilibrio senza l’uso ed abuso di una malattia così autodistruttiva.
Fatta questa premessa, ammetto dunque che alla domanda “come si esce dalla bulimia?” non so dare una risposta precisa e matematica, non é come se avessi la bronchite che con l’antibiotico ti passa, é molto di più, è come tornare indietro e ricordare, parola chiave chiedere aiuto.

Ritrovare la mia anima

La frase che mi ha colpita è stata: “Pensa prima all’Essere e poi al fare”, e la domanda chiave é stata: “Tu fai o sei”?

Queste parole le ho ascoltate dalla donna che mi ha fatto aprire gli occhi. Lei 48 anni, da 30 vive in Italia, ma è originaria dell’Argentina, Carina Paula Fisicaro come mestiere, anzi come missione, ha quella di voler aiutare le donne, personalmente, spiritualmente e professionalmente.
È una Life and Business Coach certificata, che ha deciso di dedicarsi completamente alle donne, e a sua volta dichiara di aiutare se stessa. Una delle frasi che non potrò più dimenticare è « Vali a prescindere. Ogni giorno sentiti orgogliosa di te stessa, perché l’importante è sempre dare il massimo. » Ed é quello che sta capitando a me, ogni volta che riesco ad aiutare anche solo una persona, aggiungo un tassello alla mia ricostruzione, è stata la prima dalla quale ho ascoltato parole come abbondanza e gratitudine, e proprio su queste due parole, ho iniziato il viaggio al ritrovamento della mia anima, e che viaggio meraviglioso. Ma perchè queste due parole che significano?

Gratitudine

Oggi analizzeremo in che modo la gratitudine ha dato una svolta alla mia vita. Qui di seguito vi posto il link dell intervista fatta ad Annakatia di sessa. La gratitudine è un sentiero che conduce alla felicità, richiede consapevolezza e impegno, non solo dobbiamo sentirla, ma esprimerla. Frequentemente non ci rendiamo conto di ciò che ci circonda. Mormoriamo, ci lamentiamo, ci opponiamo e critichiamo; spesso siamo ingrati. La mancanza di riconoscenza è un’espressione dell’egoismo innato nell’uomo ma sembra che l’epoca che stiamo vivendo sia caratterizzata da un’ingratitudine talmente diffusa da potersi considerare un male sociale. Televisione, pubblicità, riviste e internet non fanno che ingrandire e esasperare il desiderio di ricchezza e benessere, non importa che prezzo bisogna pagare per realizzarlo. Mi capita spesso di notare giovani, e perfino bambini, sempre più esigenti nelle loro richieste verso i genitori, che mostrano in cambio poca o nessuna considerazione per le rinunce o gli sforzi che essi devono fare. Purtroppo nemmeno gli adulti o le persone anziane, nonostante l’esperienza, sono immuni da atteggiamenti simili. Probabilmente ci è stato insegnato a dire “grazie” ogni volta in cui qualcuno fa qualcosa per noi, ma la gratitudine è più di questo. È un atteggiamento del cuore, è un’inclinazione del carattere, un altro obiettivo può essere quello di insegnarci ad essere contenti. C’è uno stretto legame fra il ringraziamento e la gioia, con lo scopo di insegnare a stimare gli altri più di noi stessi.
Credo che una delle difficoltà più comuni che incontriamo nel rapporto con gli altri sia che diamo troppe cose per scontate. Ci aspettiamo che la commessa del negozio sia gentile e paziente, che l’impiegato allo sportello sia veloce e non ci faccia perdere tempo, che i figli facciamo bene i loro compiti, ma quanto spesso ci preoccupiamo di dimostrare apprezzamento per il loro impegno? Riconoscere obiettivamente i meriti e le capacità degli altri non ha nulla a che vedere con l’adulazione e “stimare gli altri”.

La responsabilità è la nostra

Sicuramente quelli accennati sono scopi che ognuno può applicare a sé stesso credo però che ce ne siano altri individuali che possiamo permetterci d’imparare, secondo le nostre necessità attraverso una comunione più intensa conchì ci circonda.

Forse non siamo abituati ad esprimere riconoscenza o non abbiamo avuto buoni esempi da imitare, probabilmente non ne abbiamo mai ricevuta molta, ma la decisione di essere grati è una responsabilità personale.
La risposta che daremo può avere un influenza importante sulla vita della nostra famiglia, del coniuge, dei figli, dei fratelli e, più in generale, di coloro con cui veniamo in contatto, ma soprattutto, potrà portare un valore aggiunto in questo mondo e renderlo meglio di come l’abbiamo trovato, questa la mia missione e tu sai qual’é la tua missione, il tuo senso di scopo?

Aspetto la tua risposta, Immita.

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